martedì 6 febbraio 2018

Un groviglio inestricabile definito anche catena di S.Antonio, sistema delle scatole cinesi o mezzo non idoneo a combattere la corruzione ma idoneo a bloccare le opere



Mentre siamo certi che le Commissioni parlamentari di Camera e Senato non esiteranno il loro parere in merito allo schema di decreto ministeriale recante regolamento di approvazione delle linee guida concernenti le modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione dei contratti relativi a servizi o forniture ed allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante regolamento concernente modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico ci avviciniamo inermi ai due anni dall’entrata in vigore del Codice dei contratti con un bilancio assolutamente negativo e con tutti i più importati provvedimenti che dovevano essere la novità del nuovo Codice dei contratti quali la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, i nuovi livelli di progettazione, le commissioni giudicatrici ancora nel limbo.
 In verità non ci voleva molto a comprendere che il passaggio da un sistema binario (codice + regolamento) a un sistema certamente più flessibile nell'adattarsi alle mutate esigenze operative, ma molto più articolato e complesso da realizzare (codice più un’infinità di provvedimenti attuativi vincolanti e non vincolanti), non avrebbe consentito la piena operatività in tempi ragionevoli. D’altra parte quando ad un regolamento attuativo si sostituiscono decine e decine di provvedimenti vengono moltiplicati "n" volte i pareri della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato, delle Commissioni parlamentari e di quant’altro necessario e la situazione diventa quella attuale con un sistema normativo che pur incompleto è, comunque, ipertrofico, di difficile comprensione e che non consente alla Pubblica amministrazione di diventare efficiente.
Ma la verità sta nel fatto che, probabilmente, sino ad oggi si è navigato a vista senza la presenza di quella cabina di regia che era prevista all’articolo 212 del Codice dei contratti e che avrebbe dovuto (udite, udite), come è possibile leggere all’articolo 1, comma 2, lettera b) del codice “curare, se del caso con apposito piano di azione, la fase di attuazione del presente codice coordinando l’adozione, da parte dei soggetti competenti, di decreti e linee guida, nonché della loro raccolta in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca”.

E’ recente un articolo di Giorgio Santilli sul Sole24ore in cui il giornalista afferma che imprese e cittadini italiani combattono ogni giorno la battaglia dei problemi concreti provocati da un apparato normativo ipertrofico e da una pubblica amministrazione inefficiente. Nel caso del Codice dei contratti, siamo perfettamente d’accordo con il giornalista de Il Sole 24 Ore relativamente alla prima indicazione (quella dell’apparato normativo ipertrofico) mentre dissentiamo sulla seconda non perché la pubblica amministrazione non sia inefficiente ma perché questa è dovuta ad un Codice non soltanto ipertrofico ma, anche, di difficile attuazione per la mancanza di fondamentali provvedimenti attuativi.

All’articolo di Santilli ha fatto seguito un’intervista di Raffaele Cantone rilasciata al Sole24ore in cui il Presidente dell’Anac prende le distanze dal Codice affermando che “Questo non è il codice dell’Anac, le scelte le ha fatte la politica. Anche oggi, se si volesse decidere di cambiare strada, sarebbe una scelta che spetta alla politica. L’Anac non ha ridotte da difendere: poteri o prerogative ci sono stati dati della politica in un disegno che, per altro, è stato approvato originariamente dal Parlamento quasi all’unanimità. Detto questo, ritengo che per un certo provincialismo italiano e per ragioni politiche, probabilmente evitare procedure di infrazioni Ue su altri fronti, si sia deciso un recepimento frettoloso delle direttive Ue. Siamo stati, insieme al Regno Unito, l’unico Paese che ha rispettato alla lettera quel termine”.Segnaliamo, anche, il pensiero del Presidente dell’Ance Raffele Buia che dice no a un azzeramento del codice, pure invocato da qualche parte politica, e attende che il prossimo Governo vari un robusto correttivo.

Credo, quindi, che siano tutti d’accordo sulla necessità di intervenire per rimettere in carreggiata la riforma ma le opinioni sono, in certi casi, diametralmente opposte e vanno da quella di chi parla di attuazione da velocizzare a quella di chi pensa ad una integrale riscrittura del Codice.

Ma la verità sta nel fatto che, probabilmente, sino ad oggi si è navigato a vista senza la presenza di quella cabina di regia che era prevista all’articolo 212 del Codice dei contratti e che avrebbe dovuto (udite, udite), come è possibile leggere all’articolo 1, comma 2, lettera b) del codice “curare, se del caso con apposito piano di azione, la fase di attuazione del presente codice coordinando l’adozione, da parte dei soggetti competenti, di decreti e linee guida, nonché della loro raccolta in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca”.

Noi che siamo stati tra i primi a dissentire su un codice con troppi provvedimenti attuativi e senza un congruo periodo transitorio non siamo di quest’avviso e riteniamo che questa non sia una soluzione adeguata a risolvere il problema. Non avrebbe senso perché, in questa maniera non faremmo tesoro degli errori commessi e dovremmo iniziare nuovamente da zero.

È ovvio, comunque, che è necessaria una riforma del Codice che non può essere, adesso, delegata al Governo ma che deve essere effettuata con una legge ordinaria su cui dovranno prendersi le proprie responsabilità coloro che saranno chiamati dalle urne a governare. Una riforma che non può non passare attraverso modifiche fondamentali principalmente sui provvedimenti attuativi per i quali, a nostro avviso, è necessario arrivare ad una regolamentazione che, pur non essendo unica come il previgente Regolamento n. 207/2010, potrebbe essere suddivisa sui tre argomenti basilari nella progettazione e realizzazione delle opere pubbliche. In pratica, tenendo, conto del lavoro già fatto dall’ANAC con le linee guida già in vigore e che, pur essendo state predisposte, non sono entrate, ancora, in vigore, potrebbero essere realizzati più regolamenti (vincolanti) che dovrebbero essere emanati come decreti ministeriali su alcune tematiche quali ad esempio:

  • Principi generali e disposizioni comuni
  • Contratti di appalto relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari
  • Contratti di appalto relativi a lavori, servizi e forniture nei settori speciali
  • Contratti di appalto relativi a servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari
  • Contratti di appalto per lavori eseguiti all’estero
  • Contratti di concessione
  • Partenariato Pubblico privato e contraente generale. Infrastrutture e insediamenti prioritari

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