Mentre siamo
certi che le Commissioni parlamentari di Camera e Senato non esiteranno il loro
parere in merito allo schema di decreto ministeriale recante
regolamento di approvazione delle linee guida concernenti le modalità
di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore
dell'esecuzione dei contratti relativi a servizi o forniture ed allo schema
di
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante
regolamento concernente modalità di
svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito
pubblico ci
avviciniamo inermi ai due anni dall’entrata in vigore del Codice dei contratti
con un bilancio assolutamente negativo e con tutti i più importati
provvedimenti che dovevano essere la novità del nuovo Codice dei contratti
quali la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, i nuovi livelli di
progettazione, le commissioni giudicatrici ancora nel limbo.
Ma la verità
sta nel fatto che, probabilmente, sino ad oggi si è navigato a vista senza la
presenza di quella cabina di regia che era prevista all’articolo 212 del Codice
dei contratti e che avrebbe dovuto (udite, udite), come è possibile leggere
all’articolo 1, comma 2, lettera b) del codice “curare, se del caso con
apposito piano di azione, la fase di attuazione del presente codice coordinando
l’adozione, da parte dei soggetti competenti, di decreti e linee guida, nonché
della loro raccolta in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di
assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca”.
E’ recente
un articolo di Giorgio Santilli sul Sole24ore in cui il giornalista
afferma che imprese e cittadini italiani combattono ogni giorno la battaglia
dei problemi concreti provocati da un apparato normativo
ipertrofico e da una pubblica amministrazione inefficiente. Nel
caso del Codice dei contratti, siamo perfettamente d’accordo con il giornalista
de Il Sole 24 Ore relativamente alla prima indicazione (quella dell’apparato
normativo ipertrofico) mentre dissentiamo sulla seconda non perché la pubblica
amministrazione non sia inefficiente ma perché questa è dovuta ad un Codice non
soltanto ipertrofico ma, anche, di difficile attuazione per la mancanza di
fondamentali provvedimenti attuativi.
All’articolo di Santilli ha fatto seguito un’intervista di Raffaele
Cantone rilasciata al Sole24ore in cui il Presidente dell’Anac
prende le distanze dal Codice affermando che “Questo non è il
codice dell’Anac, le scelte le ha fatte la politica. Anche oggi, se si volesse
decidere di cambiare strada, sarebbe una scelta che spetta alla politica.
L’Anac non ha ridotte da difendere: poteri o prerogative ci sono stati dati
della politica in un disegno che, per altro, è stato approvato originariamente
dal Parlamento quasi all’unanimità. Detto questo, ritengo che per un certo
provincialismo italiano e per ragioni politiche, probabilmente evitare
procedure di infrazioni Ue su altri fronti, si sia deciso un recepimento
frettoloso delle direttive Ue. Siamo stati, insieme al Regno Unito, l’unico
Paese che ha rispettato alla lettera quel termine”.Segnaliamo, anche, il pensiero del
Presidente dell’Ance Raffele Buia che dice no a un azzeramento del
codice, pure invocato da qualche parte politica, e attende che il prossimo
Governo vari un robusto correttivo.
Credo,
quindi, che siano tutti d’accordo sulla necessità di intervenire per rimettere
in carreggiata la riforma ma le opinioni sono, in certi casi, diametralmente
opposte e vanno da quella di chi parla di attuazione da velocizzare a
quella di chi pensa ad una integrale riscrittura del Codice.
Ma la verità
sta nel fatto che, probabilmente, sino ad oggi si è navigato a vista senza la
presenza di quella cabina di regia che era prevista all’articolo 212 del Codice
dei contratti e che avrebbe dovuto (udite, udite), come è possibile leggere
all’articolo 1, comma 2, lettera b) del codice “curare, se del caso con
apposito piano di azione, la fase di attuazione del presente codice coordinando
l’adozione, da parte dei soggetti competenti, di decreti e linee guida, nonché
della loro raccolta in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di
assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca”.
Noi che
siamo stati tra i primi a dissentire su un codice con troppi provvedimenti
attuativi e senza un congruo periodo transitorio non siamo di quest’avviso e
riteniamo che questa non sia una soluzione adeguata a risolvere il problema. Non
avrebbe senso perché, in questa maniera non faremmo tesoro degli errori
commessi e dovremmo iniziare nuovamente da zero.
È ovvio,
comunque, che è necessaria una riforma del Codice che non può essere, adesso,
delegata al Governo ma che deve essere effettuata con una legge ordinaria su
cui dovranno prendersi le proprie responsabilità coloro che saranno chiamati
dalle urne a governare. Una riforma che non può non passare attraverso
modifiche fondamentali principalmente sui provvedimenti attuativi per i quali,
a nostro avviso, è necessario arrivare ad una regolamentazione che, pur non
essendo unica come il previgente Regolamento n. 207/2010, potrebbe essere
suddivisa sui tre argomenti basilari nella progettazione e realizzazione delle
opere pubbliche. In pratica, tenendo, conto del lavoro già fatto dall’ANAC con
le linee guida già in vigore e che, pur essendo state predisposte, non sono
entrate, ancora, in vigore, potrebbero essere realizzati più regolamenti
(vincolanti) che dovrebbero essere emanati come decreti ministeriali su alcune
tematiche quali ad esempio:
- Principi generali e disposizioni comuni
- Contratti di appalto relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari
- Contratti di appalto relativi a lavori, servizi e forniture nei settori speciali
- Contratti di appalto relativi a servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari
- Contratti di appalto per lavori eseguiti all’estero
- Contratti di concessione
- Partenariato Pubblico privato e contraente generale. Infrastrutture e insediamenti prioritari
Parole sante, caro Paolo, parole sante!
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